domenica 26 aprile 2020

Vivere nel tempo




La vita umana è sempre una vita nel tempo. Nulla è acquisito per sempre. Già, questo è facile a dirsi, ma il difficile è vivere avendone davvero piena coscienza. In fondo ognuno di noi ha la tendenza tutta umana di vivere e pensare cercando di andare al di là dei nostri naturali limiti temporali. "Gli uomini di questa città mangiano e bevono come se dovessero morire domani, ma costruiscono come se non dovessero morire mai" così il filosofo Empedocle descriveva gli abitanti dell'antica Agrigento. Ma perché ci comportiamo così? Perché cerchiamo sempre di andare al di là? La risposta sta già nella domanda: l'uomo anela sempre a superare i limiti imposti dalla sua stessa natura umana, finita e limitata. 

In altre parole, l'uomo cerca di toccare l'infinito, l'eterno, cerca di rendere divina quell'opera tutta umana che conduce ogni giorno. Eppure, ci sono dei momenti in cui l'uomo sembra davvero essere giunto alle porte dell'infinito. Basta pensare agli istanti in cui l'uomo raggiunge l'ispirazione poetica o quella artistica: forse, sono proprio quelli i momenti in cui l'uomo è più vicino a dio. 

"E mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare". 

In tal modo Giacomo Leopardi descrive uno dei più intensi ed emozionanti momenti di estasi poetica. 

Ma perché l'uomo anela al divino? Perché gli "dei sorridono", dice Cesare Pavese nel suo Dialoghi con Leucò. Sorridono perché loro sono potenti e immortali, perché il loro non è un destino di dolore, come è invece quello degli uomini. Ma il divino Achille, nel famoso film Troy, rivela alla sua amante Briseide un segreto molto confortante: "Ti dirò un segreto, una cosa che non insegnano nei templi. Gli dei ci invidiano. Ci invidiano perché siamo mortali, perché ogni momento può essere l'ultimo per noi. Ogni cosa è più bella per i condannati a morte... E tu non sarai mai più bella di quanto sei ora! Questo momento non tornerà".

Questo non vuole essere un invito a lasciarsi andare al presentismo, a quell'atteggiamento di chi vive in un eterno presente, fatto di istanti indistinti, in  cui tutto scorre così velocemente da non darci il tempo di meditare su quel che è stato e su quel che sarà. La vita, per essere ricca, ha bisogno di esperienza e le esperienze sono quelle porzioni di temporalità che ci permettono di distinguere un prima e un dopo, dando vita a tante piccole unità in sé aventi senso. Vivere è un vivere nel tempo. 

In fondo, la vita dell'uomo somiglia molto a una coppia di innamorati che si amano in un albergo a ore. Ogni istante è prezioso, dal momento che si sa già che il tempo che ci è stato dato da godere terminerà. Alla fine, quel che rimane, è quell'andarsene in silenzio perfetto, lasciando soltanto i corpi nel letto. Quello che c'è stato prima però è passione, desiderio, amore, odio, energia. Gli dei non hanno bisogno di queste cose, ma noi invece sì. Noi desideriamo, perché siamo profondamente mancanti. Ma non è forse questo desiderio che rende così affascinate e vitale la nostra effimera vita?

Dott.ssa Simona Lorenzano
ambito: Filosofia - based in Catania

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