giovedì 18 giugno 2020

Salute del cervello

Come prevenire l’invecchiamento patologico

L'invecchiamento tipico è caratterizzato da un declino di alcune capacità cognitive. Tuttavia le traiettorie dell'invecchiamento mostrano sostanziali differenze da individuo a individuo. Alcuni individui mostrano un rapido deterioramento, mentre altri mantengono le loro prestazioni cognitive fino alla fine della vita. Sebbene molteplici fattori possano determinare i percorsi individuali di invecchiamento cognitivo, alcune persone sembrano più resistenti di altre agli effetti dannosi dell'invecchiamento e ai cambiamenti patologici associati. Nell’arco della vita ognuno di noi accumula ciò che gli esperti definiscono riserva cognitiva. Le recenti ricerche hanno dimostrato che alcune differenze nelle esperienze di vita determinano il livello di riserva cognitiva di ogni individuo, fornendo una spiegazione per le differenze individuali alla suscettibilità ai cambiamenti cerebrali legati all'invecchiamento tipico o a patologie, quali le demenze.


Quindi come incrementare la nostra riserva cognitiva?
1. Fai attività fisica
Evita la vita sedentaria e dedica almeno 20 minuti al giorno per fare un'attività di tipo aerobico come ad esempio camminare andare in bicicletta o nuotare. Con attività aerobica si intende un’attività a bassa intensità e lunga durata. Permette, infatti, di migliorare le funzionalità cardiocircolatoria, respiratoria e metabolica ed il tono dell’umore.

2. Fai attenzione all’alimentazione
- Pasti regolari;
- Dieta mediterranea;
- Molta frutta, verdura, legumi e cereali integrali (ricche di vitamine e antiossidanti);
- Omega 3 (pesce, in particolare pesce grasso come salmone, sardine, sgombro e tonno, semi di lino, noci, uova);
- Vitamina E (frutta a guscio, semi, mango, papaya, avocado, pomodoro, peperoncino rosso e spinaci);
- Evita i cibi grassi e poco nutrienti, aumentando il colesterolo danneggiano cuore, arterie e cervello;
- Meno grassi saturi e idrogenati;
- Maggior consumo di pesce azzurro a scapito di carne, insaccati, latticini.

3. Controlla lo stress 
Ad esempio, puoi programmare la giornata inserendo dei momenti di relax, tramite delle attività che ti appaghino e ti rigenerino!

4. Allena il tuo cervello
Mantieni in attività il tuo cervello con piccoli esercizi quotidiani:
- Fai i cruciverba o altri giochi enigmistici;
- Fai i conti senza calcolatrice;
- Fai i puzzle;
- Memorizza tragitti nella città e usa strade diverse per raggiungere luoghi conosciuti;
- Cimentati in giochi di problem solving.


5. Incrementa le relazioni sociali
Invita un amico a prendere un caffè o a fare una passeggiata insieme. Invita i tuoi cari a pranzo e passa del tempo con loro. Frequenta i servizi del quartiere, i circoli culturali e i centri ricreativi.

6. Cura il sonno
- Cerca di andare a dormire e svegliarti sempre alla stessa ora. 
- Cena almeno 3 ore prima di andare a dormire ed evita, durante tale pasto, di assumere caffeina o vino. 
- Evita di fare attività stimolanti prima di andare a dormire.

7. Dedica del tempo ai tuoi hobbies e ad attività culturali
- Leggi un libro; 
- Fai giardinaggio; 
- Organizza dei piccoli viaggi; 
- Prepara una nuova ricetta o fai bricolage; 
- Visita un museo, vai al cinema o a teatro; 
- Disegna, dipingi, scrivi, ricama...

Tutti questi elementi concorrono a costruire la nostra riserva cognitiva!

Uno stile di vita sano, infatti, non ci fornisce soltanto delle maggiori risorse cognitive per affrontare le sfide poste da un eventuale danno cerebrale o da una patologia neurodegenerativa, ma previene e ritarda attivamente la comparsa degli elementi neuropatologici (come il deposito dei grovigli neurofibrillati e l'atrofia dell'ippocampo), agendo attivamente sulle strutture cerebrali.


Dott.ssa Chiara Sorbello
sezione "Benessere e salute" #neuropsicologia

lunedì 15 giugno 2020

Insegnamento abilità complesse


La dott.ssa Martina Nucifora, coordinatrice di progetti rivolti a bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico, ci introduce alle strategie per l'insegnamento di abilità complesse. Come sempre, ringraziamo Controvento Catania per i contenuti del nostro martedì #senzaconfini


sabato 13 giugno 2020

Poesia antica e "La grande bellezza"

A cosa serviva la poesia nel mondo antico? Serviva a rappresentare la realtà o invece a staccarsi da essa? Era qualcosa di mimetico oppure qualcosa di ingannevole? È qualcosa di superato o qualcosa di sempre attuale?


Come raccontava Pindaro, nel suo Inno a Zeus, quando tutto era stato creato, gli dei si resero conto che mancava qualcosa che conferisse all’universo bellezza e armonia, attraverso la parola e il canto. Ecco allora che Zeus creò la poesia e le Muse. Queste, dunque, nascono come custodi della bellezza e la loro azione serve a “ricreare continuamente il cosmo nella meraviglia del canto che funge da principio ordinatore”. Le Muse ispirano il poeta che, tuttavia, “di per sé non crea, ma ordina l’esistente rinominandolo nell’atto poetico; il suo canto non si misura con la verità assoluta, regno delle Muse onniscienti, ma con la pratica della rimemorazione e il paziente esercizio della parola”.  Il canto del poeta, allora, non essendo una verità assoluta, si configura come qualcosa di misterioso, che potrebbe dare adito a finzioni o inganni.


Bisogna precisare che questi termini nel mondo antico non avevano la stessa accezione negativa che hanno adesso: la parola finzione era da intendersi come sinonimo di “verosimiglianza”; per inganno, invece, si intendeva una illusione che maschera la realtà. Nell’accezione contemporanea del termine, l’elemento che rende spregevole l’inganno è l’intenzione di ingannare, vale a dire il chiaro obiettivo di far conoscere agli altri una verità falsa, dove  per falso si intende il “dire le cose come non stanno”, il dire “ciò che non è”. Nel mondo greco, invece, non esiste un termine univoco che sta per inganno, ma esiste una molteplicità di parole tra cui δόλος o Μῆτις, la dea che personifica l’inganno. Il modo di intendere la poesia e in generale l’arte si è molto modificato nel corso dell’età antica, basti pensare al fatto che Platone nella Repubblica parlava dell’arte come disciplina da conoscere come tante altre, mentre fu solo a partire da Aristotele che l’arte cominciò a profilarsi come una disciplina autonoma.

Non si può, tuttavia, mettere tra parentesi il fatto che, nel mondo antico, il poeta veniva considerato da molti come “portatore di verità”, come colui che si fa portavoce di un sapere quasi divino. Sono i poeti a spiegare e a far conoscere gli dei agli uomini, come ci racconta Erodoto in un celebre passo della sua Historiae

Da chi nacque ciascuno degli dèi, se tutti esistettero da sempre e quali siano le loro forme, fino a poco fa, per così dire fino a ieri, non si sapeva. Penso infatti che Esiodo e Omero siano più vecchi di me di quattrocento anni e non di più. Sono stati loro ad aver composto per i Greci una teogonia, attribuendo agli dei i loro epiteti, dividendo i loro onori e le loro competenze, indicando le loro forme. 

A differenza di Erodoto che utilizzava il metodo autoptico, il poeta non sa per avere visto: la prerogativa fondamentale per essere un buon aedo è quella di narrare “come se” avesse partecipato agli eventi. Per dirla con Aristotele, un buon aedo doveva essere un “abile mentitore”, scegliendo “fatti impossibili ma verosimili” e non “fatti impossibili e incredibili”. L’oggetto della poesia è il verosimile.


Nel proemio della sua Teogonia, Esiodo dice che le Muse dichiarano di pronunciare “molte menzogne simili al vero”: queste divinità fanno sì che la poesia venga fuori come un intreccio di verità e di finzione verosimile, che non coincide con la falsità in senso stretto. Molti hanno dato a questo riferimento un’accezione del tutto negativa, attribuendo le menzogne alla tradizione omerica e la verità a Esiodo, in quanto poeta ispirato da Muse benigne e veritiere. La menzogna delle Muse, in realtà, può essere vista come un dono del tutto positivo per gli effetti che da esso derivano. Il falso simile al vero costituirebbe, infatti, l’intrinseca natura del canto poetico rivolto agli uomini e sarebbe una “deviazione benefica della verità”, avente lo scopo di avvicinarsi alla bellezza e al mistero più profondo delle cose.


Le divine menzogne, allora, diventano la condizione fondamentale della poesia, la conditio sine qua non che rende possibile la meraviglia del canto. In questo senso, il termine “verosimiglianza” non va interpretato come “menzogna”, bensì come “finzione” nell’accezione latina del temine, ovvero come modellare la materia che si ha a disposizione per creare e ricreare il nuovo, il bello, l’ordine: “il dono delle Muse al mondo è dunque la consolazione di una bellezza imperfetta, che forse ha più felice ragione d’essere proprio nella sua imperfezione”.

Potrebbero essere proprio queste le idee che il regista Paolo Sorrentino aveva in mente, quando scrisse l’explicit del suo film premio oscar, La Grande Bellezza: “Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c'è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L'emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell'imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c'è l'altrove. Io non mi occupo dell'altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco”.


Prima di iniziare a scrivere il suo romanzo, Jep Gambardella sente il bisogno di ricordare che, laddove le muse cantano, vengono pronunciate “molte menzogne simili al vero”; che la scrittura, quando viene concepita dall’ispirazione poetica, è “solo un trucco” che ci permette di mascherare l’imbarazzo dello stare al mondo. Nella poesia come finzione che dà bellezza al mondo possiamo riconoscere, allora, uno di quei temi che costituiscono la linea di continuità tra ieri, oggi e domani: potendo riconoscere un archetipo. 

Dott.ssa Simona Lorenzano
sezione "Cinema e cultura" senza confini

Bibliografia 
R. Ioli, Il felice inganno. Poesia, finzione e verità nel mondo antico, Mimesis, Milano, 2018.
M. Bettini, Elogio del politeismo, il Mulino, Bologna, 2014. 

L'amore fa "battere" il c...ervello!


L'amore non si può avere a comando, è un regalo di un cuore a un altro cuore”: se anche voi, come il filosofo indiano Paramhansa Yogananda, pensate che l’amore risieda nel cuore beh, vi consiglio di non continuare a leggere, non vorrei rovinare le vostre aspettative! Sapete perché? Perché in realtà le cose non stanno proprio così. 


Da sempre il simbolo e l’organo del corpo associato all’amore e all’innamoramento è il cuore: insieme allo stomaco (dove compaiono le famose farfalle!) è quello che, con la variabilità dei suoi battiti, percepiamo nell’immediato ed in maniera più chiara. Questo ci porta spesso a considerare il battito accelerato, tipico delle sensazioni di innamoramento come la causa e non, come nella realtà, la conseguenza di un processo di cui l’autore è, signore e signori, proprio il cervello!

Tutto inizia dalla fase di attrazione sessuale: il testosterone e gli estrogeni (gli ormoni maschili e femminili) determinano l’eccitabilità di un possibile incontro e l’olfatto, che da sempre è il senso maggiormente implicato nella sessualità, fa il resto. 
Una volta scattata la “scintilla” fisica, le fasi di passioni vengono nella maggior parte regolate dalla nostra cara amica dopamina, la superstar dei neurotrasmettitori, la regina del volere e del piacere! 


Nel processo di innamoramento infatti la dopamina produce il tipico senso di eccitazione e desiderio. Non dimentichiamoci però del famoso effetto del “chiodo fisso”: il birbante responsabile è il cortisolo, chiamato ormone dello stress, che davanti a un meraviglioso amore nascente decide di presentarsi in grandi quantità determinando sensazioni di ansia e abbassando i livelli della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere. Bassi livelli di serotonina si riscontrano non solo nella depressione ma anche nei disturbi ossessivi compulsivi: ecco perché quando siamo innamorati ci sembra di non riuscire a pensare a nient’altro! Inoltre, ad accelerare il battito del nostro cuore quando guardiamo o pensiamo al nostro partner, ci pensano l’adrenalina e la noradrenalina.

La fase successiva, quella dell’amore duraturo e maturo è invece determinata dalla vasopressina (responsabile della prosecuzione della specie) e dall’ossitocina (responsabile dei legami di attaccamento).


L’amore è come una droga”: la vista del nostro partner infatti può scatenare una dose così elevata di neurotrasmettitori tale da portare a una vera e propria crisi di astinenza nel caso di rottura del rapporto!

Negli anni però ci rilassiamo e le acque si calmano…cortisolo e serotonina tornano ad essere presenti in dosi normali riducendo il senso del chiodo fisso e lo stress. 
L’amore è quindi un’esperienza totalmente neuronale, in particolare del sistema limbico… e non suona di certo molto romantico ma è  giusto dare a Cesare quel che è di Cesare! È vero anche, cari sognatori, che quando siamo con la persona amata il cervello non si fa sentire, mentre il cuore batte forte.

Dott.ssa Chiara Aglieri Rinella - psicologa
Benessere e salute #neuropsicologia

Magrini, M. (2017). Cervello. Manuale dell'utente: Guida semplificata alla macchina più complessa del mondo. Giunti.

mercoledì 10 giugno 2020

L'impatto del volume


La nostra attenzione viene catturata dal colore, dalle dimensioni e dalla forma di una data cosa. Ci colpisce quindi la “grandezza” delle cose, il loro volume. Ma per “volume” cosa intendiamo di preciso?
La prima cosa a cui pensiamo è la caratteristica fisica degli oggetti. Infatti, per volume si intende l’estensione nelle tre dimensioni (lunghezza, larghezza, profondità) di qualcosa.


In arte, c’è una significativa differenza tra volume reale e volume raffigurato. Il volume reale è quello di fronte al quale si trovano gli architetti e gli scultori: lavorando con materiali plastici e in tre dimensioni. Il volume raffigurato, invece, è quello che ci permette di rendere tridimensionali gli oggetti su un supporto a due dimensioni, come il foglio di carta, la parete o la tela. L’elemento fondamentale per una rappresentazione verosimile del volume è la riproduzione equilibrata dei rapporti tra luce e ombra.


Il volume, nel linguaggio comune, può anche essere ricondotto al suono ed associato alla sua intensità, determinata dalla pressione che l'onda sonora esercita sul timpano. Il volume di un suono è la categoria a cui appartengono tutti gli attributi secondo cui lo ordiniamo da debole a forte. 
In acustica, ed in particolare nell’elettroacustica, ai fini di regolare il volume serve un amplificatore elettroacustico; questo è dotato di un regolatore, e agendo su questo è possibile variare l’intensità energetica dei suoni emessi dal riproduttore acustico (per es., un altoparlante) cui l’amplificatore stesso fa capo.


Sappiamo che il volume può essere riferito a solidi e liquidi, ma anche a sostanze aeriformi (le quali però non possiedono un volume proprio): ci si riferisce per esempio al volume d’aria contenuto nei polmoni. Come può l’aria avere un volume essendo qualcosa di intangibile ed apparentemente immateriale?


È piuttosto consueta la perifrasi “regolare il volume a” ma si può regolare il volume delle proprie emozioni? Si possono ridimensionare le emozioni negative o si possono amplificare quelle positive? Oppure sta tutto nel rapporto di equilibrio delle emozioni? Forse ogni emozione ha il suo volume specifico e ci colpisce a seconda della sua intensità. Forse possiamo dominare in parte l’impatto di alcune emozioni in modo tale da non farci travolgere, per non farci “schiacciare”.


A me piace pensare che ogni emozione sia Unica, dotata di un suo volume più o meno ingombrante, e più o meno controllabile. Un po’ come canta J-Ax nel brano “Volume” (degli Articolo 31): «Volume nella voce di chi dice, "Io esisto" […]  A volte per colmare un vuoto, serve più volume, A volte serve una valvola di sfogo […] Perché io penso che il volume sia un diritto […] Questa vita è mia e voglio volume». E voi che ne pensate?

Dott.ssa Victoria Maribel Astuto
sezione "Arte, musica e letteratura"

lunedì 8 giugno 2020

Adolescenti e social



Mirko Crupano, dottore in psicologia dello sviluppo e dei processi educativi, ci parla del rapporto tra adolescenti e social nel video che la cooperativa Controvento di Catania ha desiderato condividere col nostro Network.

domenica 7 giugno 2020

Le origini dell’Islam e la sua espansione nel Maghreb


Dalla storia è possibile attingere quei preziosi insegnamenti per imparare a convivere nel migliore dei modi con le culture diverse dalla nostra, dove accoglienza ed integrazione vanno innescate avendo ben chiari i valori fondamentali non negoziabili dell’ordinamento giuridico cui apparteniamo; l’incontro col prossimo avviene se si è mossi da una sana curiosità nei confronti dell’altro col fine di comprenderlo e avviare una riflessione condivisa, senza cercare di soggiogarlo alle proprie convinzioni, ma senza nemmeno snaturare se stessi e la nostra cultura giuridica di appartenenza.


La "Moschea della Roccia" di Gerusalemme
edificata durante l'era degli Omayydi tra il 687 e il 691

Per un primo approccio all’Islam è possibile partire da un paragone rispetto alle altre religioni monoteiste per ragionare sugli eventuali punti di contatto, avendo però ben chiare le moltissime differenze.
In questa sede risulta interessante una precisazione relativa al contesto storico secondo la quale l’Islam comportò un progresso religioso rispetto all’idolatria ed alle usanze pagane precedenti che si erano diffuse tra le tribù arabe.
La contaminazione islamica vissuta e attraversata dalla Sicilia tra il IX e XI secolo potrebbe rappresentare un’esperienza storica utile per capire come impostare la relazione di dialogo con i musulmani. I fenomeni migratori non si sono mai arrestati e la maggioranza di coloro che oggi provengono dal Nord-Africa sono gli eredi di chi giunse da noi più di mille anni fa.
L’originaria espansione araba era accompagnata e caratterizzata dall’adesione fideistica all’islam. Tale religione monoteista nasce nella penisola araba nel VII secolo ad opera di Muhammad, secondo i musulmani, inviato da Dio come ultimo profeta e portatore di legge, al quale l’arcangelo Gabriele rivela il Corano. 


Questa adesione spirituale implica la sottomissione e il completo abbandono dei fedeli a Dio, in arabo definito Allah, con cinque doveri cogenti per il musulmano praticante costituenti i cosiddetti pilastri dell’islam:
I. Shahada è la testimonianza di fede che va recitata con piena comprensione del suo significato e in totale sincerità di intenti.
II. Salat è la preghiera da effettuare cinque volte al giorno in precisi momenti scanditi dal richiamo dei mu’adhdhin.
III. Zakat è il versamento in denaro, da devolvere nei confronti di poveri e bisognosi, obbligatorio per i musulmani che possano permetterselo e che rende lecito il possesso della loro ricchezza.
IV. Sawm rappresenta il digiuno da osservare dal sorgere del sole fino al tramonto durante il mese lunare di Ramadam per tutti i musulmani con la salute adatta a sostenerlo.
V. Hajj è il pellegrinaggio da svolgere almeno una volta nella vita alla Mecca e dintorni nel mese lunare di Dhu l-Hijja per i musulmani in grado di affrontarlo fisicamente ed economicamente.

I fedeli considerano l’Islam come la Rivelazione che Allah ha elargito all’umanità a partire da Adamo, non una ulteriore rispetto alle altre due grandi fedi monoteiste, Ebraismo e Cristianesimo, ma si tratterebbe della riproposizione vera e perfetta della volontà divina presente anche nella Torah, nei Salmi, nella Avesta zoroastriana, nel Vangelo e nei Veda induisti che però sono stati tutti inquinati dall’azione maliziosa degli uomini. 


In tal senso Maometto assurge a divenire “Sigillo dei profeti” e la sua morte avvenuta a Medina nel 632 segna per i seguaci la conclusione del ciclo profetico. Infatti le tradizioni dell’Antico e Nuovo Testamento non vengono disconosciute e non vengono negati Adamo, Noè, Abramo, Mosè e Gesù stesso viene collocato tra i profeti, ma al di sopra di essi si pone il Corano che rappresenta l’unica ed immodificabile affermazione della volontà divina destinata a perdurare fino al Giorno del giudizio.
Nella storia della penisola araba la spiritualità di Maometto avviò un importante fenomeno di catalizzazione delle varie tribù nomadi, da sempre impegnate in reciproche scorrerie e per questo motivo fino a quel momento non avevano ancora costituito una seria minaccia per Persiani e Bizantini.

Una volta morto il profeta Muhammad, venne scelto Abu Bakr dall’élite dominante come Califfo, cioè continuatore nell’attività di comando dei credenti. Inizialmente la successione non era dettata da vincoli di parentela al Profeta ed i primi quattro Califfi furono scelti per elezione e successivamente definiti “ortodossi”. Nell’arco di un trentennio essi riuscirono in una conquista duratura e sorprendentemente rapida soppiantando l’egemonia dell’impero persiano e sottraendo all’influenza bizantina Siria, Palestina ed Egitto, spingendosi poi fino alla Tripolitania e con le prime scorrerie in Sicilia, nel 652.
La contaminazione di aree tanto vaste fu sicuramente favorita dalla paradossale maggiore libertà conferita alle correnti eretiche che invece Bisanzio aveva provato a reprimere in tutti i modi: le “genti del Libro” consce di una Rivelazione, seppur parziale, pagando un tributo ai capi musulmani e riconoscendo la superiorità dell’Islam potevano continuare ad esercitare la propria fede. Così non si trattava più di una semplice comunità di soli arabi e procedendo l’espansione aumentarono le diverse componenti etniche ad essa appartenenti.


Nel 656 l’insurrezione ai danni del terzo califfo “ortodosso” generò la storica frattura tra sunniti e sciiti, a partire dalla quale solo la prima fazione, quella che poi risultò vincente, continuò a riconoscere l’autorità califfale e il codice di comportamento della Sunna.
E’ con questi presupposti che, a partire dal 661, si insediò la prima dinastia califfale degli Omayydi, la quale spostò la capitale da Medina a Damasco e guidò l’Umma, ossia la comunità dei fedeli, fino al 750.
Ad Occidente durante l’epoca omayyde venne conquistata tutta l’Africa del Nord (salendo fino alla Penisola iberica) trasformando Tunisi in un importante porto nel Mediterraneo e avviando un delicato processo di islamizzazione delle popolazioni berbere. Con l’annessione delle terre d’Ifrìqiya (odierni Tunisia e Marocco) con capitale Al-Qairawan, nella sfera d’influenza araba aumentarono le diverse dinastie che provvedevano all'amministrazione del territorio: pur combattendo tutte nel nome di Maometto, dalle popolazioni berbere fino agli andalusi, ognuna caratterizzata dalla ambizione personale a non restare semplici “vassalli” di Baghdad e Damasco.

Sotto la terza dinastia califfale degli Abbasidi, discendenti dallo zio paterno del Profeta, in Ifriqiya viene costituito l’Emirato autonomo degli Aghlabiti. Come sottolineano Gabrieli e Scerrato ne “Gli Arabi in Italia” si riporta: «all’aprirsi del nostro secolo IX, proprio nell’800, quando Carlomagno era coronato imperatore in Roma, il suo rivale e corrispondente Harùn ar-Rashìd compiva da Bagdàd il primo passo di sfaldamento dell’impero unitario dei califfi: l’investitura del governo d’una provincia periferica, in questo caso la romana Africa (l’Ifrìqiya degli Arabi e attuale Tunisia, da cui dipendeva più o meno effettivamente il resto del Maghreb fino all’Atlantico) concedendola quale ereditario appannaggio al governatore locale».

La Mecca (in arabo: ﻣكة المكرّمة‎ "Makka l'onorata") si trova nell'attuale Arabia Saudita occidentale. Considerata dai musulmani la città santa per antonomasia, prima ancora di Medina e Gerusalemme. Vi è nato Maometto e contiene la più grande moschea del mondo, il Masjid al-Haram.

A partire da Ibrahim, primo comandante dell’esercito, viene data la possibilità di designare in maniera indipendente il proprio successore al fine di garantire la continuità dell’azione militare. Gli Abbasidi mantennero sempre il diritto di veto sulle nomine, ma conferirono una amplissima delega per permettere la repressione del Kharigismo: realtà dell’Islam che aveva iniziato a prendere le distanze rispetto agli altri rami, già a partire dall’epoca del quarto califfo, assumendo i connotati di una temibile dissidenza politica e teologica.
Con la nascita dell’Emirato d’Occidente gli Aghlabiti di Qairawàn, col benestare e la “supervisione” del Califfato Abbaside, diedero inizio alla propria dinastia con il preciso obiettivo di tenere sotto controllo il pericolo kharigita; tuttavia nel corso degli anni si rivelò un errore l’aver sottovalutato l’azione degli ismailiti Fatimidi che in maniera pressoché indisturbata diedero inizio ad una vascolare campagna di proselitismo.

  • Conclusioni

Passando in rassegna la grande diffusione dell’Islam è possibile collocare la prima conquista arabo-musulmana in una fase che va dalla morte di Maometto fino allo spirare del califfato ommayyade nel 750, sotto l’egida del quale aveva raggiunto la sua massima espansione a est affacciandosi sull’Atlantico e giungendo in Asia centrale ad ovest.
L’impero musulmano unitario perse il carattere puramente arabo nel corso del califfato abbaside (750-1200) perché aprì gradualmente le porte ad una sempre maggiore contaminazione persiana e turca: le tendenze autonomistiche si acuirono in diverse regioni ed il califfato vide compromessa la sua unità politica . I turchi selgiuchidi provenienti dalle steppe dell’Asia centrale si convertirono all’Islam, essendo entrati a contatto con l’Iran, e nell’XI secolo conquistarono capillarmente l’Anatolia.

Attraverso altre popolazioni turche la religione musulmana riuscì a raggiungere l’India; fece la sua comparsa anche in regioni dell’Africa sub-sahariana ed orientale, nonché nel Sud-Est asiatico a partire dal XIII secolo.
Ai giorni nostri comprendere l’islamizzazione analizzando i suoi pregressi storici risulta essere un argomento di forte interesse dal momento che i flussi migratori hanno fatto approdare da tempo l’Islam anche negli Stati Uniti ed in parecchi paesi dell’Europa occidentale. Secondo alcune stime il numero complessivo degli aderenti alla religione musulmana si aggirerebbe intorno agli 1,8 miliardi: stiamo parlando del 23% della popolazione mondiale fedele ad un credo che vanta un tasso di crescita particolarmente significativo. Data la consistenza questi dati non sono da trattare con leggerezza, ma nemmeno con preoccupazione, per l’impatto sociologico e geopolitico mondiale con le sue ovvie ricadute nell’ambito del diritto.


C. A. NALLINO, Vita di Maometto, Roma, Istituto per l’Oriente, 1946, edizione postuma - F. CARDINI, M. MONTESANO, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Università, 2006 - U. SCERRATO, Gli Arabi in Italia, cultura, contatti e tradizioni, con saggi di Paul Balog, Garzanti, Scheiwiller, Milano, 1993 - A. COSTANTINO, Gli Arabi in Sicilia, Palermo, Antares Editrice, 2005 - C. GINZBURG, P. MINGANTI, G. MONTESI, S. MOSCATI, Lessico Universale Italiano, Roma, Enciclopedia Italiana Treccani alla voce “Islamismo” autori e redattori antichità, storia moderna e contemporanea, 1979 - T. W. LIPPMAN, No God But God, U.S. News & World Report, 2008 e altri autori citati in bibliografia. Testo estratto da "La presenza islamica in Sicilia dalle sue origini fino all'avvento di Federico II: quale eredità per la Trinacria?" di Antonino Carpitella.

sabato 6 giugno 2020

Save our soul


L'inimitabile Gabriele Fascetta si cimenta in una nuova sfida musicale per condurre tutti i nostri ascoltatori in un viaggio nel mondo della house dance. Guardate il video promo e ascoltate la nuova puntata nel link di mixcloud.

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giovedì 4 giugno 2020

Le difficoltà cognitive nella Sclerosi Multipla


Il 30 Maggio 2020, con la Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla è partita la Settimana Nazionale di informazione sulla Sclerosi Multipla, che quest’anno va dall’1 al 7 Giugno. Questa Settimana Nazionale costituisce l'annuale appuntamento che AISM organizza sotto l'Alto Patronato della Repubblica Italiana, per fare informazione sulla sclerosi multipla (SM).


La sclerosi multipla, malattia infiammatoria e degenerativa del sistema nervoso centrale (SNC), è una delle principali cause di disabilità nei giovani. Cronica, imprevedibile e spesso progressivamente invalidante viene per lo più diagnosticata tra i 20 e i 40 anni in maggioranza nelle donne con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini. Le persone con SM sono 2,5 milioni nel mondo, 700 mila in Europa e 126 mila solo in Italia. Il tasso di infiammazione, demielinizzazione e successivo danno assonale si riflettono nelle recidive e nella formazione di lesioni visibili tramite risonanza magnetica (MRI) e, successivamente, nello sviluppo di disabilità e atrofia.

Molto spesso quando si parla di SM si fa riferimento a tutti quei sintomi relativi all’area motoria e sensoriale (come ad es. debolezza o spasticità muscolare, dolore, disturbi visivi o della sensibilità somatica ecc.) e si dà, invece, poca attenzione a tutti i sintomi cognitivi che tale patologia comporta. Evidenze sperimentali dimostrano che i disturbi cognitivi colpiscono circa il 45-65% delle persone con sclerosi multipla. La compromissione cognitiva ha un ampio impatto negativo sulla vita di queste persone, indipendentemente dai loro sintomi fisici. 

Sulla base della notevole quantità di ricerche dedicate all’individuazione dei deficit cognitivi prevalenti nei soggetti con sclerosi multipla si può affermare che le aree cognitive più frequentemente interessate sono: attenzione, memoria, velocità di elaborazione dell'informazione (tra i primi sintomi cognitivi a manifestarsi), funzioni esecutive (ragionamento astratto, pianificazione, flessibilità cognitiva e controllo inibitorio)  e percezione visuo-spaziale. [Chiaravalloti & DeLuca, 2008; Moccia et al., 2016; Campbell et al., 2017]

Le difficoltà di attenzione sono state riscontrate nelle persone con sclerosi multipla già nella fase iniziale della malattia. Uno studio ha dimostrato che i disturbi nell'attenzione selettiva sembrano essere una diretta conseguenza del rallentamento cognitivo. Un'altra difficoltà comune ai pazienti con sclerosi multipla riguarda la capacità di rimanere concentrati per periodi prolungati (attenzione sostenuta) e di prestare attenzione a più stimoli contemporaneamente (attenzione divisa). 

La memoria è una delle abilità cognitive maggiormente danneggiate nei pazienti con sclerosi multipla ed è oggetto di numerosi studi. Le ricerche hanno dimostrato che per i disturbi di memoria a lungo termine, il problema riguarda l'immagazzinamento iniziale delle informazioni. I soggetti con sclerosi multipla necessitano, rispetto ai soggetti sani, di un numero maggiore di ripetizioni delle informazioni per raggiungere un determinato apprendimento. Questo difficoltà nell'apprendimento di nuove informazioni si traduce in una scarsa capacità di prendere decisioni e sembra influenzare la capacità di memoria prospettica (vale a dire la capacità di ricordare le intenzioni che precedentemente erano state progettate per un preciso momento futuro).

Pertanto un approccio riabilitativo completo dovrebbe prevedere una combinazione di diverse terapie e trattamenti, compresa un’accurata valutazione neuropsicologica e l’eventuale trattamento riabilitativo. La riabilitazione neuropsicologica mira a ridurre le difficoltà cognitive e punta a supportare la consapevolezza e la capacità, delle persone con sclerosi multipla, di tener conto delle difficoltà cognitive durante la vita quotidiana. È utile anche informare ed educare la persona circa i sottostanti meccanismi neuronali e i fattori che possono influenzare il funzionamento cognitivo (sonno, dolore, farmaci, esercizio fisico, umore, affaticamento ecc.). Purtroppo la sclerosi multipla è una patologia a carattere progressivo. Ciò riduce le possibilità che la riabilitazione cognitiva ottenga risultati duraturi. È, pertanto, consigliabile una programmazione duttile dei piani rieducativi con obiettivi a breve termine, che, come tali, si adattano meglio ai continui cambiamenti che produce la patologia. 

Dott.ssa Chiara Sorbello
sezione "Benessere e salute" #neuropsicologia

mercoledì 3 giugno 2020

Libertà controcorrente


Ci eravamo lasciati con la prescrizione medica di una bella canzone curativa di Niccolò Fabi e con l’immaginazione aperta alla prima cosa che avremmo fatto una volta tornati alla “normalità”.


foto di Russell Munson

Ebbene, vi avevo detto che il mio primo pensiero sarebbe stato il mare. Ed è stato proprio questo il primo luogo dove mi sono recata non appena ho potuto. Avevo bisogno di respirare.

Una volta lì, seduta sulla battigia a guardare le onde e i gabbiani volare su di esse, ho ripensato a un vecchio libro scoperto quasi per caso, ritrovandolo in uno scaffale di libri usati, e letto tutto d’un fiato durante un viaggio in aereo. Si tratta di un romanzo degli anni Settanta di Richard Bach: “Il gabbiano Jonathan Livingston”. L’edizione BUR che possiedo è corredata di una serie di fotografie scattate da Russell Munson che permettono al lettore di immergersi ancor di più in questa bellissima avventura. Viene, infatti, raccontata la storia, più generale, di uno stormo di gabbiani e, più specificamente, dell’attitudine di uno di essi, il gabbiano Jonathan, appunto.

Senza voler anticipare troppo per permettervi di assaporare al meglio il libro, Jonathan è un gabbiano controcorrente, che decide di abbandonare lo stormo dei comuni suoi simili e compagni di viaggio, in quanto non accetta il loro modo di concepire il volo. Notoriamente, infatti, per i gabbiani volare equivale a procacciarsi il cibo; Jonathan, grazie a una serie di avvenimenti, inizia a capire che la loro grande fortuna di avere le ali deve essere sfruttata al massimo, non può essere ridotta a un mero atto meccanico dettato dalla sopravvivenza, ma deve essere fonte di gioia e continua scoperta del mondo e delle bellezze della vita. 

Così, nonostante in un primo momento sia deriso e schernito dagli altri gabbiani, venendo addirittura esiliato dallo stormo, Jonathan procede imperterrito nella sua missione: perfezionare il suo volo per giungere alla saggezza e all’amore, dimostrando di trasgredire le regole non come un atto di ribellione fine a se stesso, ma come l’unica via per la libertà e la leggerezza. Sarà proprio a questo punto che gli insegnamenti di Jonathan, appresi a sua volta da gabbiani per così dire speciali, raggiungeranno un altro gabbiano del gruppo, Fletcher Lynd che avrà la missione di istruire tutti gli altri, o almeno quelli che avranno altrettanto coraggio da spingersi così in alto e oltre. E così quegli insegnamenti diverranno imperituri.

“Quel che aveva sperato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo. Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che c’erano la noia e la paura e la rabbia a render così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l'animo sgombro da esse, lui, per lui, visse contento, e visse molto a lungo.”

Lo scrittore dedica questo libro “Al vero gabbiano Jonathan, che vive nel profondo di tutti noi” e io penso che avesse proprio ragione: come il fanciullino di Giovanni Pascoli che ognuno ha dentro di sé e cui deve solo avere il coraggio di dar spazio.

E quale canzone può accompagnare questo viaggio mistico se non Stairway to Heaven dei Led Zeppelin? Canzone dall’interpretazione ancora oggi molto dibattuta, ma che credo faccia al caso nostro proprio per il fatto che ognuno ci può leggere ciò che sente dentro. Personalmente, in questa “scala verso il Paradiso” ci vedo il coraggio, la determinazione e la forza di volontà (di Jonathan, di Fletcher e di ognuno di noi): quelle qualità che possono senza dubbio accompagnarti verso il tuo Paradiso, verso la vita che hai sempre sognato di vivere.

“Yes, there are two paths you can go by but in the long run there’s still time to change the road you’re on. And it makes me wonder.” 

Sì, perché c’è sempre tempo.

Dott.ssa Irene Sardella
sezione Arte, musica e letteratura

lunedì 1 giugno 2020

Natural Environment Teaching


E' possibile trasformare ogni momento di gioco in una opportunità di apprendimento. Oggi #controvento ci introduce al NET, una tipologia di insegnamento che si svolge in un ambiente naturale per ricreare situazioni di vita quotidiana, partendo dagli interessi del bambino stesso.


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