lunedì 4 maggio 2020

Eneide: l'identità linguistica, culturale e religiosa romana



L’Eneide è il capolavoro virgiliano che ha oscurato la fama dei precedenti poemi epici latini e si è posto alla pari dei poemi omerici. La sua fortuna è dovuta non solo alla perfezione linguistica, stilistica e retorica del suo autore ma anche all'importanza che assume l'opera all’interno della società: i Romani finalmente si riconoscono in un'opera che riassume le virtutes che sono chiamati a seguire. Il sistema di valori romano proietta le sue migliori virtutes in un unico uomo, Enea, il progenitore per volere del Fato della stirpe Romana. Il tema del poema, la trattazione mitica dell'origine di Roma, trova anche un riscontro nell’elogio del princeps attualmente in carica, il quale ha ordinato la stesura dell'opera. Essa infatti si inserisce nell'età augustea, una delle stagioni letterarie latine più floride, in cui il controllo imperiali sull'attività letteraria si svolgeva anche grazie alla collaborazione con Mecenate, coordinatore degli intellettuali del suo circolo, di cui faceva parte Virgilio. La figura di Augusto nell'Eneide viene lodata in quanto discendente, seppur per adozione, della stessa stirpe di Enea, progenitore dei Romani: la Gens Iulia.

L’Eneide conta in tutto 12 libri suddivisi in due esadi, la prima tratta dei viaggi cui Enea è costretto per via dell'ira di Giunone, con chiaro riferimento all'Odissea, la seconda è incentrata sul tema della guerra, richiamando così l'Iliade. Il contenuto dell'opera è riassunto in due parole nel primo emistichio del poema, in un procedimento chiamato “mise en abyme", e recita «arma virumque cano». La prima parola si ricollega alla dimensione bellica, mentre la seconda al viaggio, riassumendo sì il significato dell'opera in breve ma ribaltandone la struttura. Il celebre verso è considerato di grande immediatezza retorica ed ha prodotto degli echi nella cultura occidentale. L’intero proemio è in esametri, il verso tipico dell'epica, e rispetta i canoni dei poemi epici nella sua composizione organizzata in protasi e invocazione alla Musa. Dal I al IV verso passa velocemente in rassegna i viaggi che l'eroe è costretto a fare “troiae ab oris" (anastrofe) per mare e per terra a causa dell'ira di Giunone, in un’ipallage definita memore (“memorem ob iram”, iperbato), poi dal V al VII verso fa riferimento alla guerra fra Troiani e Latini. A differenza dei poemi omerici l'invocazione alla Musa non si trova fra i primi versi, bensì all’VIII, e si conclude con una domanda. Alla Musa Virgilio chiede di spiegargli le cause delle peregrinazioni e dei travagli di Enea e con enfasi domanda “così grande è l'ira nell'animo degli dei?”.

Come possiamo desumere dal proemio, l'Eneide fa esplicito riferimento ai poemi omerici, tanto da porsi in continuità cronologica con l'Iliade, infatti la vicenda inizia alla distruzione di Troia, e si svolge in contemporanea con l’Odissea, con la differenza che quest'ultima copre un arco di tempo più ampio. L'opera, in quanto libro fondante della cultura latina, svolge la stessa funzione dei poemi omerici, che erano stati definiti “enciclopedia tribale”, dal momento che racchiude i valori romani in un unico eroe. Tuttavia bisogna tenere in considerazione che i poemi omerici portano inconsapevolmente l'eredità culturale greca dal momento che erano nati in forma orale e hanno attraversato le origini della civiltà greca, mentre Virgilio, che si configura come un nuovo Omero,  scrive l'Eneide con l’intento di dare vita a un libro in cui i Romani riconoscessero un’ identità linguistica, culturale e religiosa, sebbene in una fase avanzata della storia romana, e ciò costituisce una sfida ancora più ardua che induce il poeta a scavare nelle radici della sua civiltà. Inoltre la tradizione orale dei poemi omerici ha fatto sì che i suoi cantori ricorressero a tecniche di memorizzazione come quella “a ripresa” (utilizzata anche da Nevio) o a epiteti formulari, mentre l'Eneide è un epos scritto e ciò ha permesso a Virgilio di curarne la lingua, lo stile e l'aspetto formale in itinere. Ma queste sono solo alcune delle molteplici differenze esistenti fra Eneide e poemi omerici. Tra queste troviamo la presentazione di un nuovo eroe: Enea non pecca di tracotanza, al contrario segue il disegno che il Fato gli ha predisposto, in una visione stoica della vita, e si fa portatore di una delle più grandi virtutes romane: la pietas, il sentimento di devozione alla famiglia e agli dei.

Luisa Inglese



The social directors

I l progetto LiSoFi di mobilità e formazione per operatori giovanili si svolgerà a Trapani dal 12 al 22 marzo, ospitato dall'associazion...