mercoledì 3 giugno 2020

Libertà controcorrente


Ci eravamo lasciati con la prescrizione medica di una bella canzone curativa di Niccolò Fabi e con l’immaginazione aperta alla prima cosa che avremmo fatto una volta tornati alla “normalità”.


foto di Russell Munson

Ebbene, vi avevo detto che il mio primo pensiero sarebbe stato il mare. Ed è stato proprio questo il primo luogo dove mi sono recata non appena ho potuto. Avevo bisogno di respirare.

Una volta lì, seduta sulla battigia a guardare le onde e i gabbiani volare su di esse, ho ripensato a un vecchio libro scoperto quasi per caso, ritrovandolo in uno scaffale di libri usati, e letto tutto d’un fiato durante un viaggio in aereo. Si tratta di un romanzo degli anni Settanta di Richard Bach: “Il gabbiano Jonathan Livingston”. L’edizione BUR che possiedo è corredata di una serie di fotografie scattate da Russell Munson che permettono al lettore di immergersi ancor di più in questa bellissima avventura. Viene, infatti, raccontata la storia, più generale, di uno stormo di gabbiani e, più specificamente, dell’attitudine di uno di essi, il gabbiano Jonathan, appunto.

Senza voler anticipare troppo per permettervi di assaporare al meglio il libro, Jonathan è un gabbiano controcorrente, che decide di abbandonare lo stormo dei comuni suoi simili e compagni di viaggio, in quanto non accetta il loro modo di concepire il volo. Notoriamente, infatti, per i gabbiani volare equivale a procacciarsi il cibo; Jonathan, grazie a una serie di avvenimenti, inizia a capire che la loro grande fortuna di avere le ali deve essere sfruttata al massimo, non può essere ridotta a un mero atto meccanico dettato dalla sopravvivenza, ma deve essere fonte di gioia e continua scoperta del mondo e delle bellezze della vita. 

Così, nonostante in un primo momento sia deriso e schernito dagli altri gabbiani, venendo addirittura esiliato dallo stormo, Jonathan procede imperterrito nella sua missione: perfezionare il suo volo per giungere alla saggezza e all’amore, dimostrando di trasgredire le regole non come un atto di ribellione fine a se stesso, ma come l’unica via per la libertà e la leggerezza. Sarà proprio a questo punto che gli insegnamenti di Jonathan, appresi a sua volta da gabbiani per così dire speciali, raggiungeranno un altro gabbiano del gruppo, Fletcher Lynd che avrà la missione di istruire tutti gli altri, o almeno quelli che avranno altrettanto coraggio da spingersi così in alto e oltre. E così quegli insegnamenti diverranno imperituri.

“Quel che aveva sperato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo. Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che c’erano la noia e la paura e la rabbia a render così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l'animo sgombro da esse, lui, per lui, visse contento, e visse molto a lungo.”

Lo scrittore dedica questo libro “Al vero gabbiano Jonathan, che vive nel profondo di tutti noi” e io penso che avesse proprio ragione: come il fanciullino di Giovanni Pascoli che ognuno ha dentro di sé e cui deve solo avere il coraggio di dar spazio.

E quale canzone può accompagnare questo viaggio mistico se non Stairway to Heaven dei Led Zeppelin? Canzone dall’interpretazione ancora oggi molto dibattuta, ma che credo faccia al caso nostro proprio per il fatto che ognuno ci può leggere ciò che sente dentro. Personalmente, in questa “scala verso il Paradiso” ci vedo il coraggio, la determinazione e la forza di volontà (di Jonathan, di Fletcher e di ognuno di noi): quelle qualità che possono senza dubbio accompagnarti verso il tuo Paradiso, verso la vita che hai sempre sognato di vivere.

“Yes, there are two paths you can go by but in the long run there’s still time to change the road you’re on. And it makes me wonder.” 

Sì, perché c’è sempre tempo.

Dott.ssa Irene Sardella
sezione Arte, musica e letteratura

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