Una veloce panoramica delle dominazioni
che si sono avvicendate in Sicilia in epoca medievale dalla fine del V secolo
fino all’avvento di Federico II aiuta a definire meglio il contesto all’interno
del quale si inserì la cultura araba.
È
al termine del V secolo che la Sicilia vede la dominazione ostrogota cui
seguirà quella bizantina. Giustiniano aveva inviato una spedizione a capo della
quale aveva posto Belisario che riuscì nella conquista dell’isola all’inizio
della guerra greco-gotica nel 535 diventando a tutti gli effetti provincia
bizantina. Forte era lo stato di decadenza dell’economia dell’isola e l’influenza
di Bisanzio si rilevò determinante.
Nel
663 l’imperatore Costante II, con l’obiettivo di riconquistare Roma, per
sfidare i Longobardi e cercare di sfuggire illeso dalla morsa araba, stabilisce
la propria sede a Siracusa, ma l’ambiziosa iniziativa fallisce cinque anni dopo
con la sua morte.[1]
Successivamente le
continue rivolte militari indebolirono il dominio imperiale e permisero agli
arabi l’inizio della conquista dell’isola tra 826 e 827. Essi avevano già
avviato delle incursioni sporadiche, ma incessanti tra il VII e l’VIII secolo,
riuscendo ad approdare definitivamente in Sicilia con una spedizione navale
salpata dall’odierna Tunisia. Palermo venne occupata e posta come capitale
dell’isola nell’831 ed inizialmente venne amministrata dagli emiri Aghlabiti di
Qairawan. La completa sottomissione della Sicilia avvenne alla fine del IX
secolo, dopo la definitiva espugnazione di Siracusa e Taormina. Caduta la
dinastia aghlabita, il comando passò prima nelle mani dei Fatimidi di Tunisia e
poi d’Egitto, mentre a partire dalla metà del X secolo il governo sotto i
Kalbiti segnò il periodo di maggiore splendore della Sicilia araba.
Una volta cessati i
Kalbiti si compromise l’unità dell’isola dal momento che il territorio venne
ridistribuito tra i vari signori locali. A questi apparteneva Ibn ath-Thumma
emiro di Catania che per contrattaccare militarmente l’emiro di Girgenti invocò
l’intervento dei Normanni da poco stabilitisi a Messina: nell’arco di un
trentennio gli equilibri si modificarono perché i Normanni avviarono una campagna
di conquista dell’isola che venne completata definitivamente nel 1091 con la
caduta dell’ultima piazza saracena di Noto.
Assunto il titolo di Gran
Conte di Sicilia e di Calabria Ruggero portò avanti una politica di
intelligente tolleranza verso i vinti con una graduale rilatinizzazione
dell’elemento etnico ed introdusse strutture burocratiche e feudali
consolidando la propria autorità. Sulla stessa scia Ruggero II annesse i
possedimenti normanni di terraferma assumendo il titolo di Re di Sicilia e di
Puglia nel 1130 aprendo un periodo di grande splendore per l’intero suo nuovo
regno.
Nel 1194 Enrico VI di
Svevia Re di Germania e Imperatore del Sacro Romano Impero dopo il matrimonio
con Costanza d’Altavilla, figlia di Guglielmo II e ultima erede normanna,
rivendicò il trono di Sicilia che raggiunse l’apogeo del suo massimo splendore
quando alla maggiorità succedette Federico II. Questi regnò fino al 1250
svolgendo una politica di respiro europeo e imperiale, attuò un
ridimensionamento dell’elemento musulmano e portò avanti il programma
mediterraneo dei Normanni attraverso trattati commerciali coi sultani africani
con mire rivendicatorie verso Gerusalemme.
[1] D. CACCAMO, L. MORETTI, A.
TAMBORRA, G. VERUCCI, Lessico Universale Italiano, Roma, Enciclopedia Italiana
Treccani alla voce “Sicilia” autori
e redattori antichità, storia moderna e contemporanea, 1979, pag. 16.
Fonte: "La presenza islamica in Sicilia dalle sue origini fino all'avvento di Federico II: quale eredità per la Trinacria?" di Antonino Carpitella