martedì 31 marzo 2020

40ena? Un'occasione per tornare a noi stessi di Simona Lorenzano



Ci sentiamo isolati, separati da quel mondo che è là fuori e al quale noi, per il momento, non possiamo accedere. Per fortuna ci sono quelle videochiamate, quelle telefonate, quei messaggi o quelle lezioni online. E allora, sì, ci sentiamo isolati ma super connessi virtualmente con gli altri. In questo momento di quarantena, ognuno di noi è un isolato insieme a tanti altri isolati e, uniti, formiamo una nuova dimensione di incontro che esiste ma non è concreta, lontana ma al contempo vicina.

Ma perché solo adesso ci sentiamo isolati? Siamo sicuri che prima eravamo davvero eticamente connessi con gli altri? Nella società in cui viviamo, le nostre vite avanzano a ritmi serrati. Non abbiamo tempo, corriamo, corriamo sempre, ma poi verso cosa esattamente? Ognuno di noi è talmente preso dalle sue cose, da perderne di vista il senso, da perdere di vista l'altro. La nostra cura verso l'altro si sostanzia spesso in messaggi vocali frettolosi, fatti al volo mentre stiamo attraversando il traffico della città tra le mille cose che stiamo facendo durante una delle nostre "normali" giornate. 

Eppure, quello che so io di me, dipende dagli altri. "La prima esperienza della persona è l'esperienza della seconda persona" scrive Mounier. Quando io perdo la comunicazione con l'altro, perdo me stesso. La vita acquista senso nella vera relazione, tanto che "si potrebbe dire che io esisto soltanto nella misura in cui esisto per gli altri, e, al limite, che essere significa amare" continua Mounier. Ma ci può essere una vera e autentica relazione, solo se siamo capaci di stare bene con noi stessi. 

Adesso siamo stati costretti ad interrompere la nostra quotidiana corsa. Ma non è vero che chi si ferma è perduto! Chi si ferma può ritrovarsi, può tornare a se stesso. Allora, nel chiuso delle nostre stanze, non dobbiamo avere paura della solitudine e del silenzio. Impariamo ad ascoltarlo questo silenzio: potrebbe regalarci molti suggerimenti, stimolare la nostra creatività, farci instaurare quella vera comunicazione con noi stessi, che è alla base di una comunicazione autentica con gli altri.

In questo momento, possiamo renderci conto di quanto siano precari quei progetti che, giorno dopo giorno e con grande sacrificio, cerchiamo di costruire. Basta una piccola folata di vento e quei castelli di carta che ci piace tanto mettere in piedi, cominciano a fluttuare nel vento e con loro il nostro senso di stabilità e le nostre certezze. L'uomo non è il padrone del mondo. L'uomo non è poi così invincibile come pensa di essere: a metterlo in crisi basta un essere minuscolo e imprevedibile, un virus. 

Fermarsi, però, non coincide necessariamente con un arresto negativo. Fermarsi può significare fermarsi a pensare, può significare imparare a guardare la realtà con occhi diversi. Magari, domani, quegli stessi occhi guarderanno l'alterità con cura, guarderanno alla vita come un miracolo ineffabile e vedranno questo pianeta come il mondo che generosamente ci ospita e che, proprio per questo, va rispettato e salvaguardato.

The social directors

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